Print Icon
 
https://campaign-image.eu/zohocampaigns/28716000240243377_zc_v16_header_dailybrief2020.jpg

25 luglio 2022

LA VERSIONE DI LAVROV

Il ministro degli Esteri russo in tour in Egitto, Congo, Etiopia e Uganda. E agli africani dice: “La crisi del grano non è colpa di Mosca”.

https://campaign-image.eu/zohocampaigns/28716000240243377_1_1647275432844_zc-noimage.png

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov vola in Africa per un tour che attraverserà Egitto, Etiopia, Uganda e Repubblica del Congo. Obiettivo di Lavrov è persuadere i paesi del continente – fortemente dipendenti dalle importazioni di grano da Russia e Ucraina – che il blocco dei container nei porti ucraini non sia responsabilità del Cremlino ma dell’Europa e del governo di Kiev. La ‘campagna africana’ di Lavrov è un’iniziativa diplomatica estremamente rilevante ai fini del conflitto: finora infatti numerosi paesi del continente si sono mantenuti ‘equidistanti’ tra Russia e Occidente, di cui non hanno condiviso le sanzioni, mentre molti non hanno votato la risoluzione Onu di condanna per l’invasione dell’Ucraina. Ciononostante l’Africa è particolarmente colpita dall’inflazione alimentare determinata dal conflitto, come pure dall'aumento dei prezzi di gas e petrolio. Ed è in questo clima che oggi la Tunisia – teatro nei giorni scorsi di disordini e proteste – vota un referendum costituzionale che costituisce uno spartiacque nel suo travagliato percorso democratico. A pochi giorni dalla missione del presidente Vladimir Putin in Iran, dove oltre a Ebrahim Reisi ha incontrato anche l’omologo turco Recep Tayyip Erdogan, la visita di Lavrov sembra anche voler ribadire che la Russia non è isolata sulla scena internazionale. Ieri, al termine dell’incontro con il presidente egiziano Abdelfattah al Sisi e con il segretario generale della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit, il ministro ha esortato il mondo arabo a sostenere la Russia “contro i tentativi palesi degli Stati Uniti e dei loro satelliti europei di prendere il sopravvento e di imporre un ordine mondiale unipolare”. Non è detto che in paesi in cui il sentimento antiamericano è forte (corroborato dall’invasione in Afghanistan e Iraq e dal sostegno storico a Israele) i suoi argomenti non facciano presa.

Esportatori di fame?

“Le speculazioni della propaganda occidentale e ucraina secondo cui la Russia starebbe ‘esportando la fame’ sono assolutamente infondate”: è un virgolettato tratto da una lettera scritta da Sergei Lavrov e pubblicata sui giornali dei quattro paesi africani in cui il ministro è in visita in questi giorni. Circa il 40% delle importazioni di grano in Africa provengono da Russia e Ucraina: un dato che da solo basta a dare la misura della drammatica crisi alimentare che il blocco del Mar Nero rischia di innescare. Ma sul tema, il ministro degli Esteri russo prova a dissimulare le responsabilità russe e a rassicurare, garantendo che l'accordo siglato con la mediazione turca e dell'Onu sulla ripresa delle esportazioni di grano dall'Ucraina sarà rispettato. Il riferimento è all’intesa firmata nei giorni scorsi da Russia, Ucraina e Onu ad Istanbul, con la mediazione di Erdogan che dovrebbe consentire la consegna di 25 milioni di tonnellate di frumento sui mercati. Anche se, a neanche 24 ore dal raggiungimento dell’accordo, il bombardamento del porto di Odessa da parte di Mosca ha gelato le attese. “Non importa cosa dica o prometta, Mosca troverà il modo di non attuare l’intesa e quanto accaduto oggi a Odessa lo dimostra”, ha commentato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un video su Telegram.

   

L'approfondimento di oggi:

Africa tra due fuochi?

Al termine del suo intervento alla Lega Araba, il ministro degli esteri russo ha invece elogiato i paesi africani per le loro posizioni “indipendenti” riguardo al conflitto. E ha aggiunto: “Vi sosterremo a completare il processo di decolonizzazione”. Ma è chiaro che in gran parte del continente c'è una forte riluttanza a prendere posizione sulla guerra e, soprattutto, tra i due blocchi che si fronteggiano: Russia e Occidente. Dall'invasione dell'Ucraina a febbraio, i governi africani e del Medio Oriente si sono trovati in mezzo a due fuochi. Spinti dall'Occidente a condannare l'invasione, molti governi cercano anche di preservare legami con la Russia che in alcuni casi è il primo esportatore di armi e con cui molte economie hanno rapporti consolidati. Non vedendo alcun vantaggio nell'alienarsi una delle parti, alcuni hanno semplicemente cercato di non schierarsi nel conflitto. Come se non bastasse – osserva Bbc – il ricordo della Guerra fredda “è ancora vivo in Africa, dove la logica dei blocchi ha alimentato conflitti e arrestato lo sviluppo”. In questo momento, il costo vertiginoso di cibo e carburante preoccupa molti osservatori e anche diversi leader, consapevoli che l’inflazione galoppante rischia di trasformarsi in instabilità politica. Non bisogna tornare alla Guerra fredda per convincersene: appena 11 anni fa, fu proprio l’esplosione dei prezzi dei beni alimentari la scintilla che fece divampare le cosiddette “Primavere arabe”.

Non vi chiediamo di scegliere?

Se Mosca tesse la sua tela diplomatica nel continente, nel timore che la crisi alimentare possa trasformare l’equilibrio africano in ostilità verso Mosca, Europa e soprattutto Stati Uniti non stanno a guardare. Dal 25 al 28 luglio, il presidente francese Emmanuel Macron sarà in visita in Camerun, Benin e Guinea-Bissau, mentre il presidente americano Joe Biden ha annunciato un vertice con i leader africani a Washington dal 13 al 15 dicembre. La riunione servirà a discutere dei problemi del continente, come la sicurezza alimentare e la resilienza climatica, ma non solo: Biden ha detto infatti che l’evento permetterà di dimostrare “l’impegno duraturo degli Stati Uniti nei confronti dell’Africa”. Il vertice – fa però notare Al Jazeera – arriverà alla fine di un anno in cui Biden si è concentrato prevalentemente in altre regioni del mondo come Asia, Europa e Medio Oriente, mentre dall’inizio del suo mandato il presidente deve ancora recarsi in Africa. Dalla Casa Bianca smentiscono comunque che il summit costituisca una ‘risposta’ alla presenza crescente di Russia e Cina nel continente. L'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale ha annunciato che fornirà quasi 1,3 miliardi di dollari di aiuti alle nazioni del Corno d'Africa di Etiopia, Kenya e Somalia colpite dalla siccità. “Riteniamo che gli Stati Uniti offrano un modello migliore – ha commentato un funzionario a Reuters – ma noi non chiediamo ai nostri partner africani di scegliere”.

ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale
Iscriviti alla Newsletter Daily Focus

Twitter
Facebook
LinkedIn
YouTube
Instagram

Via Clerici, 5 - 20121 Milano

ispi.segreteria@ispionline.it