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I cambiamenti climatici, la
guerra e la crisi economica affamano il mondo. L’Onu: “Basta scuse: i
combustibili fossili sono un vicolo cieco".
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Il cambiamento climatico è
già qui. E fa paura. Eventi estremi, siccità, ondate di calore,
desertificazione e alluvioni sono e saranno sempre più frequenti a tutte le
latitudini. Bisogna invertire la rotta,
puntare sulle energie rinnovabili e a basso impatto ambientale, senza perdere altro tempo: è questo, in
estrema sintesi, il contenuto dell’ultima pubblicazione dell’Organizzazione
meteorologica mondiale (Wmo/Omm), massima autorità delle Nazioni Unite per il
clima. Nel suo “Stato del clima globale 2021” gli scienziati di oltre 190 paesi confermano che gli
ultimi anni, in particolare dal 2015 al 2019, sono stati i più caldi di sempre, mentre quattro
indicatori chiave del cambiamento
climatico hanno battuto nuovi record nel 2021: concentrazioni di gas serra,
innalzamento del livello dei mari, temperatura e acidificazione degli oceani. Quello
che succede – spiega Petteri Taalas, capo dell'Omm – è che il clima sta
cambiando davanti ai nostri occhi”. Secondo lo studio, tutti
questi dati dimostrano ancora una volta la
realtà dei cambiamenti causati dalle attività umane su scala planetaria,
terrestre, oceanica e nell'atmosfera, cambiamenti che “hanno ripercussioni
deleterie e durevoli sullo sviluppo sostenibile e degli ecosistemi".
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Secondo lo studio dell’Omm,
nel 2021 le concentrazioni di anidride carbonica nell’aria hanno raggiunto
413,2 parti per milione (ppm) a livello globale, pari al 149% dei livelli
preindustriali. Anche il livello medio dell’innalzamento dei mari ha raggiunto
un nuovo record, aumentando in media di 4,5 millimetri all’anno dal 2013 al 2021. E gli oceani continuano a
riscaldarsi sempre di più, con una reazione chimica che provoca la loro
acidificazione, minacciando direttamente gli organismi e gli ecosistemi. Il
tutto mentre il buco dell'ozono ha raggiunto un’estensione preoccupante: 24,8
milioni di chilometri quadrati, grande come l’Africa. E le prospettive per il
futuro non sono incoraggianti: gli scienziati ritengono che ci sia una
probabilità del 93% che almeno un anno, tra il 2022 e
il 2026, diventi il più
caldo mai registrato, scalzando il 2016 dalla prima posizione. Sale
del 50%, inoltre, la probabilità che
la temperatura media globale annuale aumenti
temporaneamente (almeno per uno dei prossimi cinque anni) di 1,5 gradi centigradi
al di sopra del livello preindustriale. Una linea
rossa tra gli obiettivi tracciata dagli Accordi di Parigi del 2015 per ridurre le emissioni globali di gas serra.
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Una vittima ogni 48 secondi?
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Come se non bastasse, il
cambiamento climatico rischia di far precipitare milioni di persone nell'insicurezza alimentare. A causa
del riscaldamento globale eventi meteorologici estremi come la siccità sono
diventati più frequenti e intensi. L’Africa
è in assoluto il continente più vulnerabile. In Somalia, Etiopia e Kenya il
numero di persone che soffrono la fame è passato da 10 a 23 milioni in un anno
e l’appello delle Nazioni Unite per una risposta umanitaria oggi è finanziato
solo al 2%. Le politiche di contrasto all’insicurezza alimentare sono al centro
della ‘COP15
desertificazione’, in
corso fino a domani ad Abidjan, in Costa d'Avorio. Invertire la tendenza non è
mai stato così urgente, considerato che la desertificazione e la siccità
provocano in Africa orientale – secondo un nuovo rapporto di
Oxfam e Save the Children – una vittima ogni 48 secondi. L’attuale
siccità nel Corno d’Africa, la peggiore
degli ultimi 40 anni, ha bruciato le riserve economiche, decimato il
bestiame, ridotto drasticamente la disponibilità di cibo per milioni di
persone. Il tutto accade in paesi stritolati da un debito che è più che
triplicato in meno di un decennio – passando da 20,7 miliardi di dollari nel
2012 a 65,3 miliardi di dollari nel 2020 – sottraendo risorse ai servizi
pubblici e a misure di protezione sociale. Paradosso nel paradosso:
la regione non ha ‘colpe’ per la desertificazione poiché non incide nella crisi climatica, essendo
responsabile di appena lo 0,1% del
totale delle emissioni globali di CO2.
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Gli effetti combinati di conflitti, eventi meteorologici estremi e shock
economici, esacerbati dalla pandemia, stanno minando decenni di progressi globali nella sicurezza
alimentare. Per
reagire a emergenze come il Covid-19 e più recentemente il conflitto in Ucraina,
“i paesi ricchi hanno concentrato la maggior parte degli sforzi e risorse al
loro interno, anche facendo marcia
indietro sugli aiuti promessi ai paesi poveri e spingendoli sull’orlo della
bancarotta con il debito”, osserva Francesco Petrelli, esperto di finanza per lo
sviluppo di Oxfam Italia. Allo
stesso tempo, i governi dell'Africa orientale hanno la loro parte di
responsabilità per non aver agito
tempestivamente per sostenere le persone a far fronte ai fattori che
alimentavano la fame. Criticando “la deplorevole e ricorrente incapacità
dell'umanità di affrontare il cambiamento climatico”, il Segretario generale delle
Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha
approfittato della pubblicazione del rapporto dell’Omm per chiedere l'attuazione
urgente della “soluzione più ovvia costituita dalla trasformazione dei sistemi
energetici per rompere il “vicolo cieco”
dei combustibili fossili e dare il via alla transizione verso le energie
rinnovabili "prima che sia troppo tardi”. “Se agiamo insieme – ha detto
Guterres – la trasformazione delle energie rinnovabili può essere il progetto
di pace del 21° secolo.
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