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29 marzo 2022

SPIRAGLI DA ISTANBUL

Possibile intesa a Istanbul: l’Ucraina neutrale e non ospiterà basi militari straniere. Mosca ferma attività su Kiev e Chernikiv. Stati Uniti cauti: “Vogliamo fatti”.

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Si è conclusa positivamente la prima tornata di colloqui cominciata stamattina a Istanbul tra Russia e Ucraina. Le delegazioni si incontreranno anche domani, ma già l’Ucraina si è detta favorevole allo status di neutralità “con garanzie adeguate” mentre Mosca ha definito il negoziato “molto produttivo” e annunciato che rallenterà le attività militari intorno a Kiev e Chernikiv per “favorire il dialogo”. Prima dell’avvio dei lavori il presidente turco Recep Tayyep Erdogan aveva parlato sia con Vladimir Putin che con Volodymyr Zelensky, dichiarando di aspettarsi “progressi seri”. Ma se al 34esimo giorno di conflitto tutti si auguravano una svolta, erano in pochi a crederci davvero: a gelare gli entusiasmi, ieri, erano intervenute le notizie circa il presunto avvelenamento dell’oligarca russo Roman Abramovich e di altri due mediatori ucraini dopo un incontro a Kiev agli inizi di marzo. Una vicenda riportata dal Wall Street Journal e dal portale di giornalismo investigativo Bellingcat, e confermata da un portavoce dell’oligarca trapiantato in Regno Unito, propostosi come mediatore nel conflitto. Un tentativo di intimidazione – secondo diversi osservatori – finalizzato a far deragliare i negoziati. Ma il capo negoziatore ucraino Mikhailo Podolyak ha smentito le indiscrezioni e invitato a “non credere ad informazioni non verificate”, parlando di “speculazioni” e “complottismo”. Dal Marocco intanto il segretario di Stato americano, Antony Blinken, invita alla cautela: "Noi ci focalizziamo su quello che la Russia fa, non su ciò che dice. Ci atteniamo ai fatti”. Blinken ha aggiunto che “se Mosca crede che soggiogare il Donbass sia accettabile è in errore. Gli ucraini determineranno il loro destino”.

Chi cede su cosa?

Poco prima dell’incontro a Istanbul, Erdogan ha invocato un cessate il fuoco, specificando che entrambe “le parti hanno legittime preoccupazioni”. Un tentativo di portare a casa un risultato già nel primo dei due giorni di colloqui. Ma quali sono – in dettaglio – i punti su cui si concentra in queste ore il lavoro dei delegati al negoziato? Secondo il Financial Times, la Russia non chiederebbe più la “denazificazione” dell’Ucraina e sarebbe pronta a lasciare che Kiev aderisca alla Ue a patto che rimanga militarmente non allineata. Nella bozza del documento per il cessate il fuoco, sottolinea il quotidiano non compaiono più le parole ‘denazificazione’, ‘smilitarizzazione’ e protezione legale per la lingua russa, che erano le richieste iniziali da parte di Mosca. Dal canto suo, Kiev è pronta – come il presidente Zelensky ha ribadito più volte – a rinunciare all’adesione alla Nato in cambio di un accordo di garanzia sulla sua sicurezza. In pratica un gruppo di paesi dovrebbero farsi garanti per l’Ucraina in caso di aggressione. Del gruppo dovrebbero far parte i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu, più la Germania, il Canada, la Turchia e anche l'Italia. Dalla bozza resta fuori uno dei punti più critici, ovvero la richiesta di Mosca del riconoscimento dell’annessione della Crimea, avvenuta nel 2014 e la rivendicazione sulle regioni separatiste filorusse del Donbass e di Donetsk nel Donbass. In questo senso, secondo il portavoce della presidenza turca, le richieste di Mosca sarebbero “irrealistiche”.


Muro contro muro sull'energia?

Intanto, sulla richiesta del Cremlino di ottenere pagamenti in rubli per le forniture di gas naturale è muro contro muro: l’Unione Europea, in linea con il G7, ha definito “inaccettabile” la richiesta. Quello sull’energia è un equilibrio che la crisi ucraina ha completamente stravolto e di certo, dopo la guerra, l’Europa dovrà ripensare il proprio futuro energetico. Ad oggi – secondo i dati pubblicati ieri da Eurostatl'Unione europea produce solo il 42% del proprio fabbisogno energetico, importando il restante 58%. Di questa percentuale, una buona parte, cioè il 24,4%, arriva dalla Russia che, dunque, risulta il primo fornitore energetico dell’Unione. La dipendenza è particolarmente alta per il gas naturale, con il 46% importato dalla Russia che soddisfa il 41% dell'energia lorda disponibile. Il servizio statistico europeo ha anche pubblicato i dati sul mix energetico complessivo dell'Ue pari a 35% prodotti del petrolio, 24% gas naturale, 17% rinnovabili, 13% energia nucleare e 11% fonti fossili solide. Eurostat sottolinea anche che a causa delle scelte industriali compiute negli anni passati, dei mancati investimenti o di veti a progetti vari, laddove i consumi di gas naturali sono rimasti sostanzialmente stabili, tra il 2011 e il 2020, la produzione interna Ue è crollata di ben il 60%, da 139 miliardi di metri cubici a 55,7 miliardi di metri cubici. Dati che fanno capire quanto sia problematico oggi per il vecchio continente non solo parlare di embargo ma anche solo adoperarsi per ridurre la dipendenza da Mosca.

Incontro al vertice?

L’ottimismo per i progressi raggiunti a Istanbul ha avuto effetto positivo su quasi tutti i principali mercati azionari mentre i prezzi del petrolio sono scesi, con il Brent in calo di oltre il 6%. Un segnale di ottimismo mentre dalla città turca arrivano nuovi dettagli su una possibile intesa: l'Ucraina ha proposto alla Russia di tenere consultazioni per 15 anni sullo status della Crimea. Lo ha spiegato il capo negoziatore ucraino, Mikhailo Podolyak, al termine dei colloqui di Istanbul: “I colloqui per il raggiungimento di un accordo tra Russia e Ucraina proseguiranno nelle prossime due settimane ma la questione della Crimea verrà esaminata in separata sede e con negoziati ad hoc”, ha detto Podolyak. I risultati dell’incontro di oggi sarebbero inoltre sufficienti affinché un vertice tra i due leader, Putin e Zelensky, possa avere luogo. Nonostante la notizia di progressi in corso a Istanbul, gli Stati Uniti e i loro alleati “continueranno a mantenere le misure economiche contro la Russia fino a quando l'invasione dell'Ucraina continuerà”, ha detto il vice segretario al Tesoro americano Wally Adeyemo, in un discorso alla Chatham House. Gli ha fatto eco il premier britannico Boris Johnson, secondo cui “un cessate il fuoco da solo non sarebbe sufficiente per consentire la revoca delle sanzioni contro la Russia”.