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Possibile intesa a Istanbul: l’Ucraina neutrale e
non ospiterà basi militari straniere. Mosca ferma attività su Kiev e Chernikiv.
Stati Uniti cauti: “Vogliamo fatti”.
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Si è conclusa positivamente la prima tornata di
colloqui cominciata stamattina a Istanbul tra Russia e Ucraina. Le delegazioni
si incontreranno anche domani, ma già l’Ucraina si è detta favorevole allo
status di neutralità “con garanzie adeguate” mentre Mosca ha definito il
negoziato “molto produttivo” e annunciato che rallenterà le attività militari intorno a Kiev e Chernikiv per “favorire
il dialogo”. Prima dell’avvio dei lavori il presidente turco Recep Tayyep Erdogan
aveva parlato sia con Vladimir Putin che con Volodymyr Zelensky, dichiarando di
aspettarsi “progressi seri”. Ma se al
34esimo giorno di conflitto tutti si auguravano una svolta, erano in pochi
a crederci davvero: a gelare gli entusiasmi, ieri, erano intervenute le
notizie circa il presunto avvelenamento dell’oligarca russo Roman Abramovich e di altri due
mediatori ucraini dopo un incontro a Kiev agli inizi di marzo. Una vicenda
riportata dal Wall Street
Journal e dal portale di giornalismo investigativo Bellingcat, e
confermata da un portavoce dell’oligarca trapiantato in Regno Unito, propostosi
come mediatore nel conflitto. Un tentativo di intimidazione – secondo
diversi osservatori –
finalizzato a far deragliare i negoziati. Ma il
capo negoziatore ucraino Mikhailo Podolyak ha smentito le indiscrezioni e invitato a “non credere ad
informazioni non verificate”, parlando
di “speculazioni” e “complottismo”. Dal Marocco intanto il segretario di
Stato americano, Antony Blinken, invita alla cautela: "Noi ci focalizziamo
su quello che la Russia fa, non su ciò che dice. Ci atteniamo ai fatti”. Blinken
ha
aggiunto che “se Mosca crede che
soggiogare il Donbass sia accettabile è in errore. Gli ucraini determineranno
il loro destino”.
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Poco prima dell’incontro a Istanbul, Erdogan ha
invocato un cessate il fuoco, specificando che entrambe “le parti hanno
legittime preoccupazioni”. Un tentativo di portare
a casa un risultato già nel primo dei due giorni di colloqui. Ma quali sono
– in dettaglio – i punti su cui si concentra in queste ore il lavoro dei
delegati al negoziato? Secondo
il Financial Times, la
Russia non chiederebbe più la “denazificazione” dell’Ucraina e sarebbe pronta a
lasciare che Kiev aderisca alla Ue a patto che rimanga militarmente non
allineata. Nella bozza del documento per
il cessate il fuoco, sottolinea il quotidiano non compaiono più le parole
‘denazificazione’, ‘smilitarizzazione’ e protezione legale per la lingua russa,
che erano le
richieste iniziali da parte di Mosca. Dal canto suo, Kiev è pronta – come il presidente Zelensky
ha ribadito più volte – a rinunciare
all’adesione alla Nato in cambio di un
accordo di garanzia sulla sua sicurezza. In pratica un gruppo di paesi dovrebbero farsi garanti per
l’Ucraina in caso di aggressione. Del gruppo dovrebbero far parte i membri permanenti del Consiglio di sicurezza
dell'Onu, più la Germania, il Canada, la Turchia e anche l'Italia. Dalla bozza resta fuori uno dei punti più critici, ovvero la
richiesta di Mosca del riconoscimento dell’annessione
della Crimea, avvenuta nel 2014 e la rivendicazione sulle regioni
separatiste filorusse del Donbass e di
Donetsk nel Donbass. In questo senso, secondo il portavoce della
presidenza turca, le richieste di Mosca sarebbero “irrealistiche”.
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Muro contro muro sull'energia?
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Intanto, sulla richiesta del Cremlino di ottenere
pagamenti
in rubli per le forniture di gas naturale è muro contro muro: l’Unione Europea, in linea con
il G7, ha definito “inaccettabile”
la richiesta. Quello sull’energia è un equilibrio che la crisi ucraina ha
completamente stravolto e di certo, dopo la guerra, l’Europa dovrà ripensare il proprio futuro
energetico. Ad oggi – secondo
i dati pubblicati ieri da Eurostat – l'Unione europea produce
solo il 42% del proprio fabbisogno energetico, importando il restante 58%.
Di questa percentuale, una buona parte,
cioè il 24,4%, arriva dalla Russia che, dunque, risulta il primo fornitore energetico dell’Unione.
La dipendenza è particolarmente alta per il gas naturale, con il 46% importato dalla
Russia che soddisfa il 41% dell'energia lorda disponibile. Il servizio
statistico europeo ha anche pubblicato i dati sul mix energetico complessivo dell'Ue pari a 35% prodotti del petrolio,
24% gas naturale, 17% rinnovabili, 13% energia nucleare e 11% fonti fossili
solide. Eurostat sottolinea anche che a causa delle scelte industriali compiute
negli anni passati, dei mancati investimenti o di veti a progetti vari, laddove
i consumi di gas naturali sono rimasti sostanzialmente stabili, tra il 2011 e il
2020, la produzione interna Ue è
crollata di ben il 60%, da 139 miliardi di metri cubici a 55,7 miliardi di
metri cubici. Dati che fanno capire quanto sia problematico oggi per il vecchio
continente non solo parlare di embargo ma anche solo adoperarsi
per ridurre la dipendenza da Mosca.
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L’ottimismo per i progressi raggiunti a Istanbul
ha avuto effetto positivo su quasi tutti
i principali mercati azionari mentre
i prezzi del petrolio sono scesi, con il Brent in
calo di oltre il 6%. Un
segnale di ottimismo mentre dalla città turca arrivano nuovi dettagli su una
possibile intesa: l'Ucraina ha proposto alla Russia di tenere consultazioni per 15 anni sullo status
della Crimea. Lo ha spiegato il capo negoziatore ucraino, Mikhailo
Podolyak, al termine dei colloqui di Istanbul: “I colloqui per il raggiungimento di un accordo tra Russia
e Ucraina proseguiranno nelle prossime due settimane ma la questione
della Crimea verrà esaminata in separata sede e con negoziati ad hoc”,
ha detto Podolyak. I risultati dell’incontro di oggi sarebbero inoltre
sufficienti affinché un vertice tra i due leader, Putin
e Zelensky, possa avere luogo.
Nonostante la notizia di progressi in corso a Istanbul, gli Stati Uniti e i
loro alleati “continueranno a mantenere le misure economiche contro la Russia
fino a quando l'invasione dell'Ucraina continuerà”, ha detto il vice segretario al Tesoro americano Wally Adeyemo, in un
discorso alla Chatham House. Gli ha fatto eco il premier britannico Boris
Johnson, secondo cui “un cessate il fuoco da solo non sarebbe
sufficiente per consentire la revoca delle sanzioni contro la Russia”.
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