Print Icon
 
https://campaign-image.eu/zohocampaigns/28716000162331132_zc_v16_header_dailybrief2020.jpg

5 gennaio 2022

CAPITOL HILL, UN ANNO DOPO

A un anno dall’assalto di Capitol Hill, la commissione d’inchiesta sembra incastrare l’ex presidente Trump. Nel frattempo, anche le sue attività private sono sotto accusa per frode al fisco. Che ne sarà del partito repubblicano?

https://campaign-image.eu/zohocampaigns/28716000162331132_zc_v15_1607364483186_boris_johnson_lp_11900196_large.jpg

Il 6 gennaio del 2021 la democrazia a stelle e strisce venne messa in pericolo da un’orda estremista che, rifiutando il risultato delle elezioni, attaccò violentemente la sede del Congresso degli Stati Uniti. Un anno dopo, gli USA sono cambiati, Joe Biden è il nuovo presidente e la pandemia torna a preoccupare: un milione i nuovi casi registrati in 24 ore. Sui fatti di Capitol Hill, la commissione preposta ad indagare il coinvolgimento dell’ex presidente Donald Trump comincia a certificarne le responsabilità. La figlia Ivanka chiese ben due volte al padre di mettere fine alle violenze in corso. Insomma, Trump sapeva cosa stava accadendo al Campidoglio ma non fece niente per impedirlo. Per l’anniversario dell’assalto – in cui morirono cinque persone e oltre 700 sono state indagate – l’ex presidente aveva inizialmente convocato una conferenza stampa dalla sua residenza invernale, salvo poi cancellarla, e rimandare al comizio che terrà in Arizona il 15 gennaio. “Alla luce della faziosità e della disonestà della commissione d'inchiesta sul 6 gennaio, cancello la conferenza stampa in programma a Mar-a-Lago”, ha detto Trump, che continua a sostenere la tesi delle frodi elettorali, cioè la “grande bugia”. Nel frattempo, però, il tycoon è sotto accusa anche per le sue attività economiche: la procura generale di New York ha convocato Trump e due dei suoi figli per interrogarli nell’ambito dell’indagine sulle manipolazioni del valore delle sue proprietà. Nell’anno del midterm, le accuse contro Trump hanno un peso enorme non solo per i residui del trumpismo ma anche per il futuro del partito repubblicano.

Fu "colpo di stato"?

I fatti di Capitol Hill non hanno precedenti nella storia statunitense, ma giornali, opinionisti e politici sono divisi sulla natura di quegli eventi: alcuni sostengono che fu un colpo di stato a tutti gli effetti, altri una semplice insurrezione. Pochi giorni dopo, il presidente uscente – che non ha mai direttamente riconosciuto la vittoria di Joe Biden – venne messo in stato d’accusa. Trump è infatti l’unico presidente che ha affrontato due volte la procedura di impeachment. La seconda fu proprio per incitamento all’insurrezione, ma come la prima volta il Senato lo assolse, lasciando quindi aperta la possibilità che Trump si ricandidi nel 2024. La commissione d’inchiesta presieduta dal democratico Bennie Thompson e dalla repubblicana Liz Cheney presenterà un primo rapporto preliminare entro la prossima estate, e uno definitivo entro l’autunno. Thompson e Cheney hanno però rivelato ad alcuni giornali che ci sono “testimonianze di prima mano” secondo cui mentre era in corso l’attacco a Capitol Hill venne chiesto alla Casa Bianca di intervenire. In particolare, viene detto che Ivanka Trump chiese almeno due volte a suo padre, di cui all’epoca era anche consigliera, di metter fine alle violenze. Le richieste di intervento rimasero inascoltate.
Secondo le ricostruzioni, furono almeno 2mila i sostenitori di Trump che, spinti dalla “grande bugia” delle frodi di Biden, assaltarono il Congresso. Tra gli altri obiettivi, anche la testa del vicepresidente Mike Pence, reo di aver concesso la transizione dei poteri. La folla, stando alle accuse, venne istigata dal precedente comizio di Trump “Save America March” in cui chiese ai suoi sostenitori “fight like hell”, cioè di scatenare l’inferno.

Frode al fisco?

Parallelamente ai lavori della commissione sull’attacco del 6 gennaio, c’è un’altra inchiesta, di carattere civile, che pesa sul futuro di Donald Trump. La procuratrice generale dello stato di New York, Letitia James, ha convocato prima il tycoon e poi i figli Ivanka e Donald Trump Jr per verificare le attività della Trump Organization. In particolare, la procura newyorchese vuole interrogare i Trump per capire se questi abbiano gonfiato i valori dei propri asset per ottenere prestiti dalle banche e se gli stessi siano poi stati ridotti per pagare meno tasse. L’indagine era iniziata nel 2019 dopo la testimonianza al Congresso dell’ex avvocato di Trump, Michael Cohen, che sostenne le manipolazioni sulle proprietà della famiglia, tra cui ci sarebbero anche il grattacielo di Wall Street, un hotel a Chicago e una tenuta nella contea di Westchester. Lunedì scorso, gli avvocati della famiglia Trump hanno chiesto l’annullamento del mandato di comparizione sostenendo che la richiesta di testimonianza della procuratrice James interferirebbe con un altro procedimento, di carattere però penale, sempre contro la Trump Organization.

Ritorno nel 2024?

La conferenza stampa inizialmente prevista per domani, oltre che ribadire le accuse di frodi contro Biden, avrebbe molto probabilmente rilanciato la leadership di Trump nel partito repubblicano in vista delle presidenziali del 2024. “Le cose importanti da dire” slitteranno invece al 15 gennaio. Al netto di come evolveranno i procedimenti contro l’ex presidente, sia quelli relativi al suo ruolo pubblico sia quelli dei suoi affari, i dilemmi interni al partito repubblicano vertono sul cosa fare del trumpismo, se farne l’onda da cavalcare al midterm del prossimo novembre e tra due anni, o se spostare il baricentro politico su posizioni più moderate. Quanto accaduto un anno fa è dirimente per sciogliere questo dubbio. E il timing del rapporto finale della commissione sull’attacco del 6 gennaio potrebbe giocare a sfavore dei repubblicani: qualora entro le elezioni di metà mandato l’inchiesta confermasse la responsabilità dirette di Donald Trump, il “Grand Old Party” si troverebbe a un bivio. Continuare a fare del tentato colpo di stato di un anno fa una congiura democratica o smarcarsi da Trump e dall’estremismo di alcune sue frange? Come analizza David Smith sul Guardian, a un anno dall’assalto al Campidoglio il controllo di Trump sui repubblicani invece che affievolirsi si è fatto più forte. Lo dimostrano sia il ritorno dei pochi figliol prodigi repubblicani che inizialmente condannarono le responsabilità dell’ex presidente, sia tutte le relative votazioni in blocco del partito: contro i risultati elettorali, contro l’impeachment, e contro la stessa commissione d’inchiesta, nonché contro la sua vicecapo Liz Cheney, che “non sarà più considerata una repubblicana”. Il partito repubblicano sta, di fatto, riscrivendo la storia di quei fatti e facendo un rischioso all-in ideologico: puntare tutto su Trump.

   

IL COMMENTO

Di Mario Del Pero, ISPI e Sciences Po

"Il 6 gennaio 2021 rimane una ferita aperta. Non solo per lo sfregio, pratico e simbolico, che l’assalto al Congresso e le violenze di quel giorno hanno rappresentato. Ma perché nemmeno quello, nemmeno il tentativo di bloccare con la violenza l’ultimo passaggio del processo di ratifica del risultato elettorale, è bastato per trovare una unità bipartisan. E in un paese radicalmente polarizzato, il 6 gennaio 2021 non ha infine prodotto una memoria condivisa. Anzi, su di esso sono state costruite narrazioni contrapposte, con una maggioranza di elettori repubblicani inscalfibili nel loro credere al mito della vittoria rubata a Trump da frodi diffuse (e smentite da tutti i riconteggi) e, anche, nel ritenere che l’assalto al Congresso sia stato non uno sfregio alla democrazia ma l’ultimo, disperato tentativo di patrioti pronti a tutto per difenderla e preservarla."

ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

Iscriviti alla Newsletter Daily Focus

Facebook
Twitter
LinkedIn
YouTube
Instagram

Via Clerici, 5 - 20121 Milano

Tel.: +39 (0)2 86 33 131

ispi.segreteria@ispionline.it