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AFGHANISTAN: RITORNO ALL'ANCIEN REGIME
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I Talebani vietano i viaggi alle donne non accompagnate
da uomini. Il regime sta tornando a prendere la forma del vecchio Emirato,
mentre la crisi umanitaria diventa sempre più drammatica.
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Le donne afghane non potranno viaggiare da sole per distanze
che superano i 72 chilometri. È questo il contenuto principale del decreto di
domenica scorsa del ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione
del Vizio. “Alle donne che compiono viaggi di oltre 72 chilometri non dovrebbe
essere offerto un passaggio se non sono accompagnate da un parente stretto”, ha
detto
il portavoce del ministero Sadeq Akif Muhajir, specificando che il parente
deve essere un uomo. All’interno dello stesso decreto, viene anche vietato
ai tassisti di far salire a bordo donne che non indossino il velo. Inoltre,
sarà proibito ascoltare musica mentre si è in macchina. Il decreto è solo
l’ultimo di una serie di atti con cui i Talebani stanno de facto ripristinando
il vecchio Emirato e attraverso il quale stanno erodendo le poche libertà
delle donne. Dalla fuga dei contingenti USA, il nuovo governo di Kabul ha
rapidamente limitato lo studio e il lavoro per le donne, così come le loro
apparizioni in tv e in ambito culturale. Mentre i Talebani concentrano i propri
sforzi sulla negazione dei diritti della popolazione femminile, il paese è
ormai in piena crisi umanitaria e nel 2022 la carestia potrebbe riguardare oltre
22 milioni di persone.
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Nonostante a pochi giorni dalla presa di Kabul lo scorso 15
agosto i Talebani avessero promesso di essere inclusivi, l’esecutivo nato a
inizio settembre non lo è affatto e in questi primi quattro mesi di governo
hanno demolito pezzo dopo pezzo quel poco di libertà di cui le ragazze e le
donne afghane avevano goduto negli ultimi vent’anni. Prima dell’ultimo decreto
contro la libertà di movimento, gli studenti coranici avevano già vietato la
trasmissione di pubblicità o telenovele in cui compaiono donne, mentre le
giornaliste e le presentatrici hanno l’obbligo di avere il capo coperto.
Inoltre, i cartelloni pubblicitari riportanti immagini di donne sono stati
rimossi dagli spazi pubblici. Anche il diritto allo studio è stato
fortemente compromesso. Nonostante le promesse iniziali, solo per gli
studenti maschi è stato possibile tornare alle scuole secondarie, limitando di
fatto l’istruzione delle ragazze afghane all’età di 12 anni. Infine, sebbene i
Talebani non abbiano formalmente vietato l’accesso all’università alle donne, è
stato predisposto che i corsi universitari siano separati per maschi e femmine,
ma questi devono ancora ricominciare.
In generale, come riportato dalle Nazioni Unite, il deterioramento
dei diritti umani dei cittadini e delle cittadine dell’Afghanistan è strettamente
collegato alla grave crisi economica e umanitaria del paese.
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I dati
forniti dai rapporti delle varie agenzie delle Nazioni Unite tracciano uno
scenario allarmante per l’Afghanistan. Secondo
UNICEF, più di metà popolazione afghana, cioè 24,4 milioni di persone,
necessita di assistenza umanitaria: più del 50% di questi sono bambini.
Inoltre, nel 2022 quasi nove milioni di persone saranno al livello emergenziale
di insicurezza alimentare e un bambino su due al di sotto dei cinque anni
soffrirà di malnutrizione. Secondo
il World Food Programme (WFP), quella dell’Afghanistan sta diventando la
peggior crisi umanitaria del mondo superando quelle dell’Etiopia, del Sud Sudan,
della Siria e dello Yemen, ovvero paesi che si trovano in contesti di guerra
aperta da almeno un anno.
“La situazione era già disperata e ora, con la continua siccità, il crescente
dislocamento [di popolazione, ndr], il collasso dei servizi pubblici, e una
crisi economica che peggiora, l’intero paese è sull’orlo del precipizio”, avverte
il WFP. Moniti che però non sembrano smuovere i Talebani, che non vorrebbero
accettare aiuti occidentali, ovvero quello che ai loro occhi può sembrare un
ricatto per costringerli a fare diverse concessioni sulla strada per la
ricostituzione dell’Emirato islamico.
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Una delle cause del collasso umanitario dell’Afghanistan è
il blocco dei fondi effettuato dai paesi donatori, così come dei prestiti
garantiti da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, dopo la
riconquista talebana di Kabul. Aiuti che per anni hanno costituito la parte
principale del pil afghano e che dallo scorso agosto sono invece largamente
condizionati al rispetto dei diritti umani e delle donne. Al momento, quindi, i
Talebani si stanno ancora sforzando di uscire dall’isolamento diplomatico e
ottenere legittimità internazionale per l’Emirato. Dall’altro lato, i paesi
occidentali sanno che abbandonare del tutto l’Afghanistan al proprio destino potrebbe
avere un costo, oltre a quello umano. Secondo
alcune stime, infatti, potrebbero già esserci mezzo milione di migranti afghani
in viaggio attraverso l’Iran e destinati, prima o poi, a raggiungere l’Europa.
Un peso che metterebbe in difficoltà la tenuta dell’Unione Europea. Ultimo, ma
non per importanza, il dossier terrorismo, ovvero ciò che portò all’invasione
dell’Afghanistan vent’anni fa. Un pericolo che non è mai stato domato del tutto
e che ha trovato nuovo vigore con il ritiro USA. Lo Stato islamico del Khorasan
è un nemico dei Talebani, ma nel lungo periodo questi da soli potrebbero non
godere delle risorse necessarie per far fronte alla minaccia posta dal gruppo
terrorista nella regione.
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IL COMMENTO
Di
Antonio Giustozzi, ISPI e King’s College London
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"La crisi umanitaria tanto per cominciare rappresenta anche
una mina politica vagante, perché sarà percepita in gran parte come una
responsabilità dei paesi donatori, che hanno bloccato i fondi. La percezione,
soprattutto riguardo al comportamento degli americani, è che si stia cercando
di costringere l’Emirato a fare concessioni attraverso lo strumento
economico e finanziario, oppure persino di farlo collassare sotto il peso di
un’economia ingestibile. Le responsabilità dei Taliban, che non vogliono rischiare
la propria unità interna alla ricerca di compromessi a lungo termine con
americani ed europei, avranno poco impatto perché i Taliban dell’opinione
pubblica internazionale non si curano." Leggi l'approfondimento dal Dossier ISPI "Il mondo che verrà: ritorno al futuro?"
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