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Pandemia e protezionismo saranno le prime sfide di Ngozi Okonjo-Iweala, nuova direttrice generale del Wto. Ma l'economista nigeriana ha già chiarito che con lei, prima donna africana a ricoprire tale carica, le cose stanno per cambiare.
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Ai
vertici dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto) qualcosa è
cambiato. Ngozi Okonjo-Iweala, ex ministra delle Finanze della Nigeria e già
numero due della Banca Mondiale, è la prima donna e la prima africana a
ricoprire la carica di direttore generale dell’Organizzazione. Ieri i 164 stati
membri dell’organismo con sede a Ginevra hanno formalizzato la sua nomina ormai
considerata un fait accompli da
quando il presidente degli Stati Uniti Joe
Biden aveva sostenuto la sua candidatura. L’appoggio di Biden aveva infatti
consentito di superare lo stallo posto dal veto di Donald Trump, che aveva
bloccato la nomina sostenendo invece la candidatura di Yoo Myung-hee, attuale
ministra del Commercio della Corea del Sud. Okonjo-Iweala entrerà in carica
ufficialmente il prossimo 1 marzo e
il suo mandato scadrà il 31 agosto 2025. Poco più di quattro anni e una sfida imponente: rianimare
un’organizzazione paralizzata dai veti incrociati, in un clima internazionale
caratterizzato da nazionalismi economici e dal protezionismo crescente, in cui
gli squilibri macroeconomici si sono ingigantiti all’ombra della pandemia. Per farlo,
dovrà ricorrere a tutte quelle qualità di negoziatrice che anche i suoi critici
le riconoscono.
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Doppia cittadinanza nigeriana e americana, laurea ad Harvard,
dottorato al Mit, Ngozi Okonjo-Iweala
è un’economista di fama mondiale specializzata in economia dello sviluppo con
25 anni di esperienza alla Banca mondiale e sette anni come ministro delle
Finanze in Nigeria. Da anni presiede anche la Gavi, organizzazione internazionale che garantisce accesso e distribuzione dei vaccini nei paesi in via di sviluppo e
grazie alla quale ogni anno vengono vaccinati milioni di bambini in tutto il
mondo. Ha già chiarito che con lei le
cose al Wto cambieranno e nelle sue prime parole da direttore generale in pectore ha ribadito la necessità di
garantire a tutti l’accesso ai vaccini e alle cure contro il Covid. In più di un’occasione, negli ultimi mesi, aveva ribadito
che dopo la pandemia non si potrà tornare al ‘business as usual’ e a chi le muoveva la critica di non avere un background nel commercio,
aveva chiarito: “Ci sono molte persone con competenze tecniche al Wto ma i
problemi ci sono e stanno peggiorando. Serve qualcos’altro, forti capacità negoziali,
qualcuno in grado di coinvolgere i leader in modo sostanziale”. Un approccio pragmatico
e politico a problemi concreti e politici insomma, che consenta di superare la sfiducia e rilanciare
organizzazioni e dinamiche multilaterali. Non tutti però concordano sul
fatto che il suo curriculum sia impeccabile e i suoi detrattori la accusano di aver
legittimato, accettando l’incarico da ministro in Nigeria, un governo di
cleptocrati e una classe dirigente che da anni deruba il
suo popolo dai proventi delle vendite di petrolio. Nei
suoi confronti tuttavia, non ci sono mai state accuse o investigazioni, mentre
negli anni passati al governo, Okonjo-Iweala ha contribuito a un programma
completo di riforme che ha stabilizzato i conti pubblici e il sistema economico
del paese più popoloso dell'Africa, promuovendo una maggiore trasparenza
fiscale per combattere la corruzione. In questa veste ha anche guidato i
negoziati della Nigeria con il Club dei creditori di Parigi, che nel 2005 hanno
portato alla cancellazione di 30 miliardi di dollari di debito.
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Istituito nel 1995, il
Wto fu creato con l'obiettivo di promuovere il libero scambio, amministrarne le
regole e cerca di risolvere le controversie tra i suoi 164 membri. In realtà, però,
quello che la nuova direttrice generale prende in eredità dal suo predecessore,
Roberto Azevedo, dimessosi un anno prima
della scadenza del mandato e il cui ruolo era vacante da agosto, è un
organismo ridotto quasi all'irrilevanza. Ma sovranismo economico e guerra dei dazi
sono solo gli ultimi problemi in ordine di tempo. Il fallimento dei negoziati di Doha per riscrivere le regole del
commercio mondiale, nel 2006, aveva già aperto la strada ad accordi e
partenariati tra stati in violazione delle regole condivise, mentre la corte
d’appello del Wto – l’organo preposto a dirimere le controversie sulle dispute commerciali,
dazi e sussidi – è paralizzata dal 2019 dai veti incrociati. Se il nuovo
direttore generale sa di poter contare sul sostegno degli Stati Uniti, e non è
poco, non tutto si è risolto con l’uscita di Donald Trump dalla Casa Bianca. Le
critiche di Washington al Wto, infatti, hanno
radici più profonde: da tempo gli Stati Uniti chiedono regole diverse,
soprattutto sui sussidi di stato, che consentano alle loro aziende di
gareggiare “alla pari” con la Cina, che 20 anni dopo l’ingresso nel Wto non si
è ancora trasformata in una vera economia di mercato.
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Una Bretton Woods al
femminile?
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Alla notizia della
sua nomina, il mondo dei social si è scatenato e dalla Nigeria è partita la #BelikeNgoziChallenge che, insieme a #NoigoestoWto e #Ankaraarmy – in
riferimento ai tessuti con colori sgargianti che lei indossa sempre – ha
inondato i profili degli utenti di donne (e uomini) vestiti con abiti
tradizionali, per celebrare la prima
donna africana ai vertici del Wto. Una casella importante che si va ad
aggiungere a quelle di una già nutrita schiera di donne a capo di istituzioni
internazionali e ruoli di comando. Dalla presidente della Bce, Christine Lagarde che si complimenta
con “la mia amica Ngozi Okonjo”, la cui “forte volontà e la
determinazione la porteranno a promuovere il libero scambio a
vantaggio delle popolazioni del pianeta intero” a quella della Commissione
europea, Ursula von der Leyen, che parla di “momento storico” sottolineando di
essere particolarmente soddisfatta “nel vedere una donna africana alla testa
dell’organismo”. E ancora la numero uno del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva o Janet Yellen, nuovo capo della FED. Ma è lecito,
vista la sua competenza e i precedenti, aspettarsi che l’economista nigeriana porti
sul palcoscenico internazionale più di
un messaggio di inclusione e bilanciamento per superare il divario di genere.
“Dobbiamo rompere il tetto di cristallo sulle nostre teste” aveva detto Okonjo-Iweala
in un’intervista al Guardian di qualche mese fa. “A noi donne i ruoli di
leadership vengono riconosciuti solo quando le cose vanno molto male”.
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IL COMMENTO di
Camillo Casola, Associate Research Fellow Programma Africa ISPI
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“La nomina di Okonjo-Iweala rappresenta davvero una novità dirompente. In una congiuntura critica per il commercio internazionale, in cui però proprio dall’Africa giungono segnali in controtendenza – come dimostra l’avvio degli scambi nella cornice dell’African Continental Free Trade Area (AfCFTA) – che la leadership dell’organismo sia affidata all’ex ministra delle finanze della Nigeria è significativo. A lei il compito di ripensare il WTO, e di conferirgli nuova centralità, per accompagnare il sistema internazionale in un’era post-pandemica fondata su una migliore comprensione delle dinamiche socio-economiche nei paesi in via di sviluppo e in cui al continente africano sia riconosciuto un inedito protagonismo”.
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