|
|
|
UN NUOVO VECCHIO PATTO SULLE MIGRAZIONI
|
|
La
Commissione presenta la sua proposta per superare il Regolamento di
Dublino. Prevede un rafforzamento delle frontiere esterne, accordi con i
paesi di partenza e un meccanismo di solidarietà obbligatorio.
|
|
|
Superare lo stallo e approvare una politica comune
sulla migrazione: questo l'obiettivo dichiarato del nuovo
patto su asilo e migrazione della Commissione europea,
presentato oggi a Bruxelles dalla presidente Ursula von der Leyen. Atteso da
mesi, rinviato a causa della pandemia, il nuovo ‘Patto sull’immigrazione e
l’asilo’ arriva pochi giorni dopo lo spaventoso incendio che ha distrutto il
campo di Moria, sull'isola greca di Lesbo, dove vivono assiepate in condizioni
drammatiche oltre 12mila persone. “Quello che proponiamo oggi è un nuovo
inizio” ha
detto la presidente, aggiungendo che “le migrazioni sono un
fenomeno complesso e il sistema attuale non funziona”. Fin qui tutto bene. Ma
quando si passa al dettaglio, i punti centrali della proposta sono il
rafforzamento dei controlli alle frontiere, il miglioramento dei programmi di
rimpatrio, gli accordi con i paesi di partenza e di transito e un ‘meccanismo
di rimpatri sponsorizzati’ che sostituisce il criterio delle ripartizioni
obbligatorie, che tanto nessuno avrebbe mai approvato. Dalla solidarietà per
l’accoglienza a quella per i rimpatri? Il dubbio è legittimo e persino il
vice presidente della Commissione, Margaritis Schinas, ammette: “Abbiamo dovuto trovare un
compromesso”. Il nuovo patto sembra già vecchio, lascia irrisolti i
soliti nodi e stabilisce solo quello su cui tutti sono d’accordo: rafforzare i
controlli e limitare gli ingressi. E se stavolta la Commissione pensava di aver
trovato la formula giusta per accontentare tutti, non è detto invece che la
proposta passi. Per essere approvata bisognerà convincere tutti i 27 stati membri. Non sarà una passeggiata.
|
|
|
|
Non è la prima volta che si cerca di superare
il regolamento di Dublino, approvato nel 1990 ed entrato in vigore nel
1997 e che attualmente regola le procedure di accoglienza e gestione delle domande
d’asilo. In passato ci hanno provato sia il Parlamento sia la
Commissione incontrando sempre l’opposizione
del Consiglio dell’UE, l’organo che riunisce i governi degli stati membri.
La Convenzione è ritenuta datata e inefficiente oltre che fondamentalmente ingiusta
verso i paesi di frontiera, poiché obbliga
il primo paese dell’Unione in cui migranti e rifugiati mettono piede a
identificarli e trattenerli per tutto il tempo (due anni in media) in cui la
loro richiesta viene vagliata. Oltre agli oneri economici che questo comporta,
le pratiche legali e la gestione dell’accoglienza sono un fardello che nessun
paese, da solo, può sostenere. Per questo, nel corso degli anni, si è proposto
di sostituire al criterio del “primo
ingresso” un meccanismo di equa ripartizione dei richiedenti asilo fra i 27 stati dell’Unione.
È qui che gli interessi contrapposti dei singoli stati e gli egoismi nazionali hanno
rischiato di arrivare ad una frattura. Il fronte dei paesi contrari è guidato
da Austria, Polonia e Ungheria, ma ve ne sono anche altri.
|
|
|
|
|
Margaritis Schinas ha
descritto il nuovo patto come “un palazzo di tre piani”, in cui “al primo piano c’è la dimensione esterna, molto forte, con accordi con i paesi di origine e di transito. La finalità è
aiutarli ad aiutare le persone nei loro paesi di origine”, ha detto Schinas. Al
“secondo piano” della casa ci sarà “un solido
sistema di screening alla frontiera esterna con una nuova guardia di
frontiera e costiera europea, con molto più personale, imbarcazioni e
strumentazione”. Tutti le procedure di identificazione saranno rafforzate per
orientare le persone attraverso il percorso che devono affrontare. “Questo – ha
osservato Schinas – per evitare la confusione dell’attuale sistema o meglio
‘non sistema’ che ci governa”. E infine il “piano superiore” dell’edificio sarà
un “meccanismo rigoroso ma giusto di
solidarietà” e introduce per i profughi arrivati in Europa un sistema di “ritorni sponsorizzati”. In pratica, piuttosto
che continuare a litigare per i rifugiati a cui è permesso rimanere, la
Commissione propone che i paesi che rifiutano di accogliere, si facciano carico
del ritorno in patria di coloro che non possono restare. Il paese in cui un
migrante entrerà per la prima volta nell'UE riceverà rassicurazioni sul fatto
che sarà “alleviato dallo stesso numero di persone” di cui aveva diritto in
base al programma di ricollocazione.
|
|
|
|
Una soluzione accettabile?
|
|
Il nuovo patto non prevede quindi ricollocamenti
obbligatori di migranti, secondo il principio ‘sharing the burden’, ma chiede a
tutti uno sforzo comune per “ricostruire
la fiducia tra gli stati membri” e raggiungere il “giusto equilibrio tra
solidarietà e responsabilità”. Il documento, che ha un valore politico e
programmatico di cinque anni, dovrà passare al vaglio del Parlamento ed essere
discusso con i governi dei 27 che dovranno approvarlo in sede di Consiglio. Per
la commissaria Johansson, la gestione della migrazione “non consiste nel
trovare una soluzione perfetta, ma una
soluzione accettabile per tutti”, e
aggiunge: “Immagino che nessuno stato membro dirà che questa è una proposta
perfetta, ma spero che i 27 diranno che è un approccio equilibrato su cui vale
la pena lavorare”. Senza appello invece il giudizio della ong Oxfam, secondo
cui “per raggiungere un consenso, la Commissione ha
ceduto alle pressioni dei governi europei il cui unico
obiettivo è ridurre il numero di beneficiari di protezione internazionale nel
continente”. Secondo la ong le nuove proposte “rischiano di riprodurre
situazioni abominevoli a cui siamo stati testimoni per anni negli hotspot della
Grecia, luoghi che dovrebbero selezionare i richiedenti asilo e dove invece, di
fatto, intere famiglie vivono in detenzione”.
|
|
IL COMMENTO
di
Matteo Villa, ISPI
Research Fellow - Programma Migrazioni
|
|
|
“A cinque anni dalla crisi dei rifugiati
siriani, e a tre da quando anche verso l’Italia i flussi sono crollati tornando
ai livelli pre-crisi, le distanze tra i paesi UE su come rispondere alla sfida
delle migrazioni restano incolmabili. Proprio per questo anche il pacchetto di
riforme proposto oggi dalla Commissione, pur di venire incontro alle esigenze
di tutti, non soddisfa nessuno. In un’Europa in cui manca solidarietà, l’unico
punto su cui tutti concordano è la riduzione degli arrivi irregolari. Con le
buone (sviluppo) o le cattive (controlli e rimpatri). Riforme? Forse. Ma in piena continuità con le
scelte del passato recente”.
|
|
|
|
|
|
|
|
Via Clerici, 5 - 20121 Milano
|
|
ispi.segreteria@ispionline.it
|
|
|
|
|
|
|